Biografia
Il gruppo IAM Idagini sull’Architettura in Movimento nasce dall’incontro fra due giovani architetti, Michele Romoli (Treia, 1979) e Mauro Mancini (Camerino, 1979) il primo residente a Pollenza (MC), il secondo a Ripe San Ginesio (MC).
Entrambi manifestano sin dagli anni universitari interessi comuni per il territorio, la società, la sostenibilità, questo oltre al forte desiderio di mettersi in gioco e di comunicare qualcosa di più rispetto a ciò che la libera professione consente, nelle realta “ingessata” in cui vivono, li spinge nel gennaio del 2010 a formare il gruppo di lavoro IAM.
Questo si allarga subito ad altri 5 componenti: Arch. Daniela Belleggia (Montegiorgio, 1977), Arch. Stefania Calamante (Treia, 1979), Arch. Guido Graziani (Macerata, 1969), Arch. Manolo Tartari (Treia, 1980), Pittrice Irene Diprè (Macerata, 1978).
Tutti esercitano la libera professione, ed hanno maturato numerose esperienze formative e professionali, e tutti sono accomunati da un grande senso artistico e comunicativo.
Spinti dagli interessi e dalle numerose attività di ricerca che spaziano dal paesaggio alla città, dall’edificio al design, il gruppo si pone come obbiettivo quello di proporre riflessioni e creare dibattiti, lanciando imput e portando alla luce diverse problematiche.
Ultima iniziativa del gruppo è l’installazione denominata “Volume zero”, una riflessione sul costruire contemporaneo, una presa di coscienza della nostra società, che si dimostra apparentemente comunitaria, sociale, relazionale, si caratterizza invece, sempre più dalla componente individuale, che risulta quindi determinante. Da ciò, per molti il senso del disagio, di soffocamento, di solitudine e di chiusura interiore rafforzato da una modalità dello spazio abitativo “chiuso” esclusivamente privato e dove ci si rifugia.
La riflessione proposta nasce dal fatto che lo spazio dove oggi viviamo, costituisce quanto di più lontano e distante c’è dalle condizioni di benessere e di sicurezza di cui ha bisogno l’uomo e che solo la sua naturale forza e attitudine all’ambientamento, pur con tutta la violenza interiore che ne subisce, permette ad esso di viverci.