Biografia

Elisa, con l'impeto con cui da sempre vive il suo lavoro, in un gioco di specchi, spesso violento, talvolta doloroso, rielaborazioni fotografiche che ci costringono a guardarla, ad osservarla così come lei vuole che la guardiamo: indifesa. In balìa di una vita che ci sfugge tra le dita giorno dopo giorno, che altro non è se non uno spietato conto alla rovescia, sabbia che scivola via in maniera frenetica e troppo rapidamente.
Elisa ci racconta anche la sua città, la sua Milano prigioniera di una perenne cappa di smog, concettualmente ereditata dalla fosca e piovosa metropoli del Blade Runner dickiano.
Osserva con la coda dell'occhio malattie che sono sempre in agguato, spade di damocle che pendono sopra il suo capo. Elisa ci fa notare come bisogni essere coscienti del fatto che, prima o poi, tutti finiamo allo stesso modo. Coscienti, non spaventati. Con quella sorta di cinismo di fondo, di malinconico buonumore, di autoironico autoerotismo che pervade l'intera opera di Elisa.
Nessuno è escluso dal gioco di Elisa. Tutti siamo costretti ad abitare il suo mondo. É di noi che ci parla, quando ci parla del suo dolore. É il nostro fallimento che racconta, quando racconta la sua impotenza. Il lavoro di Elisa non vuole piacere. Non vuole essere grazioso, non vuole soddisfare il nostro gusto estetico. Elisa chiede una sola cosa: PENSATE.
Luca Micieli