Biografia
La spinta creativa nasce in me dal desiderio di immergermi nella vita degli altri, in un determinato attimo, per descriverne l'essenza, ma è un'operazione che non si può fare completamente e per questo l'immaginazione e l'invenzione diventano elementi fondamentali nel mio lavoro. Quando parlo di vita intendo come essa viene percepita dal singolo e cerco di individuare il filtro con cui è in grado di captare quello che vive (e non vive) in quel momento.
La discrepanza emozionale che può scaturire dal rapporto tra il manifestarsi degli eventi e il modo di affrontarli crea un disagio che io svelo e rappresento attraverso oggetti e figure antropomorfe.
Finora ho raccontato soprattutto dei “Fluttuanti” perché conosco bene il loro dolore silenzioso, senza forza perché senza speranza, ma mi è piaciuto non fermarmi a questo e scorgere quindi anche la scintilla, ultima, di voglia di vivere, di vincere, di queste persone-personaggi affetti da una malattia subdola come la malinconia, la depressione, l'inconsapevolezza di sé.
Dire che cerco di entrare nelle vite degli altri per descriverne l'essenza può sembrare pretenzioso. Il mio è un tentativo. Non posso davvero entrare nella mente altrui e vivere altro da me, ma dentro ogni essere umano ci sono gli stessi sentimenti e quando decido di immergermi in un'altra persona è perché scorgo un sentimento comune, che per me può essere flebile mentre nell'altra magari è intenso ed è da lì che parto: prendo una sensazione e la espando, la porto al limite della mia conoscenza empirica ed emozionale. Forse questa operazione ha a che fare con il lavoro dell'attore, in parte, e viene da me attuata per ogni personaggio, reale, romanzato o inventato che sia. I protagonisti che metto sulla tela hanno storie diverse ma la frequenza nella quale fluttuano è la stessa: bambini o adolescenti (o esseri simili a degli adulti) di cui non conta cosa gli accade ma come questo viene vissuto e sentito.