Biografia

Commentando l’opera pittorica di Domenico Grenci, si è ripetutamente posto l’accento sul carattere evocativo e sognante, ideale e malinconico espresso. Si è sottolineato il carattere transitorio di una pittura, che, nel porsi fragile sulla tela sembra destinata a dissolvere velocemente se stessa o a poter sopravvivere solo a tratti indefiniti come nei confini del ricordo. Si è messo in rilievo come la scelta di referenti, quali antiche stampe fotografiche ed immagini patinate, immagini comunque smaterializzate, possano esprimere suggestioni legate a idee di “atemporalità” e “lontananza”.
Per quanto tali descrizioni siano puntuali e appropriate non esauriscono l’evidente urgenza che l’opera mostra nel voler suggerire questioni altre , al di là dei significati di superficie.
Se è innegabile che a fondamento dei dipinti di Domenico vi sia l’espressione di una bellezza ideale, «percepita, non raggiunta, già persa», dunque infine impossibile, è pur vero che essa, ad un livello più profondo, può essere intimamente implicata in questioni che, trascendendo la contingenza dei soggetti rappresentati, sono strettamente legate alla forma e alla sua negazione.

Gli elementi del linguaggio visivo, alla luce di una nuova consapevolezza e considerati nella loro sostanza significante, sono posti alla base di un lessico eterogeneo caratterizzato da contrasti e opposizioni; così attraverso dissolvenze, addensamenti, sospensioni, cesure e ancora morsure, segni grafici, campiture, essi esprimono a livello paradigmatico l’insanabile e aporetica tensione fra trasparenza e opacità, fra l’immagine sublimata e la propria impossibilità.