Biografia

Mascheramenti, dialoghi immaginari con oggetti ed animali, insolite connessioni tra elementi visivi che appartengono a sfere sensoriali diverse o a contesti diversi sembrano essere costruiti sulle tele della Anfuso per mostrare quel lato nascosto delle nostre coscienze, che però è sempre reale e ci accompagna tutta la vita. (M. Izzolino)



Clinicamente sinistro, il lavoro di Elisa Anfuso gioca all’inquietudine, a darsi per sottrazioni ad abitare i margini e i silenzi. Con lieve e perturbante grazia. Le cose minuscole e consuete diventano indizi di sospensione tra mondi incantati e svanimenti stregati. Veicoli verso altri mondi da cui non sanno tornare. In cui si perdono. Le cose sussurrano segreti profondi e paiono una lusinga, una tentazione. Diventano legame, fanno del corpo un oggetto, invertono inaspettatamente i ruoli diventando il centro della fiaba stregata. Poi ridiventano cose ad un batter di ciglia. (S. Angelini)



Il peso di una mela – desiderio e tentazione.
Il peso di una mela scarlatta – dolce succo di un peccato acerbo.
Trattiene quello spiegamento d’ali che inutilmente domandano salvezza
ad un bouquet di inviolati palloncini.

E’ il volo di un’anima che non si divincola.
E vive compressa, come un grumo tra i desideri.

Nelle opere di Elisa Anfuso i desideri – appetiti dell’anima – sono palloncini legati ai polsi di eburnee adolescenti, incapaci di esistere al di fuori di spoglie dimore. Luoghi in cui il tempo ha smesso di scorrere, e dove l’anima bambina vive in dolcissima cattività.
(G. Lacedra)