Biografia

Ho impugnato una macchina fotografica, la zenit russa di famiglia, per la prima volta a otto anni e da allora non ho mai smesso di guardare me stessa e gli altri attraverso l'obbiettivo.
Ho avuto la fortuna di lavorare con il fotografo Piero Marsilli Libelli in un progetto che accostava ritratti di giovani e vecchi che ha dato una svolta significativa al mio percorso artistico.
Ho frequentato workshop di fotografia di Sara Munari, Silvia Camporesi e Sandro Iovine ed ho lavorato come aiuto fotografa di scena ed aiuto scenografa sul set di: "I galantuomini" di Edoardo Winspeare e "Fine pena mai" di Davide Barletti e Lorenzo Conte, grazie ai quali la mia ricerca estetica si è venuta ad arricchire del senso cinematografico.
Nel 2010 ho portato in mostra "windows" il concetto di schermo, portatore di vita quasi propria, sintesi catodica di emozioni collazionate a caso che però dialogano attivamente con il contesto, assumono specifici sensi in relazione al momento nel quale accade ciò che accade.
Sempre nel 2016 inizio un progetto di autoritratti con mia madre, sulla "violenza" della vita domestica a cui ancora sto lavorando.
Nel 2016 ho portato in mostra " Ascension" che racconta gli infiniti modi che la modernità utilizza per ascendere/trascendere il reale. Il protagonista è “la persona”: che si tratti di me stessa in alcuni autoritratti o piuttosto altre persone, poco importa.
La fotografia che presento è parte di un progetto che, utilizza immagini di banchi scolastici come metafore esistenziali.
Le persone, me stessa, i vecchietti, in questo caso, si chiedono e chiedono se sono nel momento dello scatto quello che avrebbero voluto essere da bambini o quello che semplicemente immaginavano di diventare.
I vecchietti con le mani in faccia a simulare maldestramente, l'urlo munchiano, guardano storditi e forse un po sadici ad un mondo scomparso per sempre, tuttavia sembrano partecipare al gioco e pronti a scattarsi, cellulari alla mano, un bel selfie di gruppo.
L'intento di questo lavoro è quello di veicolare la tensione tra aspettative e imposizioni della collettività e i capricci dell'individualità. Pochi luoghi come la scuola evocano lo stessso ammasso caotico di ricordi e sentimenti dato il suo legame con così larga parte della nostra identità personale.La “mia scuola” evoca opportunità ricompensate di apprendimento, equiparato a libertà, statura intellettuale e potenziale creativo ma anche orrore, aggressività competizione, raggiungimento degli obiettivi, l’immagine che ognuno ha di se e l’autostima.