Biografia

Discorso piuttosto mobile sull’amico artista Paolo Moretto
<< La nostra vita reale è composta per più di tre quarti
d’ immaginazione e di finzione >>
Simone Weil
di Bruno Lunghi
A nostro avviso, non si tratta di giudicare e di catalogare, ma soprattutto di imparare a vedere e ad ascoltare. Noi continuiamo a pensarla all’antica: l’essenza di un autore, di un artista è da ricercare nelle cose che fa –nelle opere- e non nei dati biografici.
Come guardare tutte queste cose? molto semplice, bisogna guardarle dal vivo. Per capire che cosa è stato dipinto o disegnato o semplicemente appiccicato come in un collage –le stoffe per esempio- bisogna avvicinarsi ad essi. Avvalendosi solo di una riproduzione fotografica –per quanto buona che sia- ciò non è possibile.
Guardando la pittura e la scultura di Paolo Moretto, la prima cosa che salta all’occhio è la seguente: la sua è una produzione di tutto rispetto, molto vasta e molto variegata. Questo ci sembra un punto essenziale. Aggiungeremo altri due punti: la varietà dei giochi con cui Paolo è capace di giocare e una certa capacità di scherzo, di leggerezza che non significa necessariamente superficialità, ma al contrario può aver a che vedere con il talento di non prendere troppo sul serio se stessi e né –soprattutto- quella che oggi ci viene sfacciatamente presentata come la sola ed unica realtà.
Lasciamo ad altri il compito di stabilire se, nella sua produzione più che trentennale siano demarcabili diverse fasi più o meno ben definibili. A noi, sembrano più interessanti alcuni momenti di passaggio, alcuni punti di transizione e/o di svincolo.
Le sculture degli esordi giocavano con materiali pesanti, con simboli forti: la ruota, il carro. Se ne ricavava un’ impressione di solidità. Ed ecco che -ad un certo punto- saltano fuori composizioni dalla struttura filiforme ed aerea. Son sempre di metallo, ma non danno più l’idea della robustezza e della compattezza, bensì, al contrario son cose deposte in alto, tenute su da fili di ferro molto sottili. Ricordano i piloni di certe palafitte o le esili, snodate ed allungate gambette di certi grandi uccelli: fenicotteri, gru. Fanno anche pensare ad alcune città sottili di Italo Calvino: Isaura, Armilla, Iofronia, Ottavia: <>
La pittura, tra le altre cose, ritraeva angoli di case, cantoni tipicamente italiani con affreschi o immagini votive affisse ai crocicchi, santi e madonne davanti ai quali ardevano ceri e candele od erano deposti fiori freschi in semplici vasi o bicchieri. (Cose ormai quasi del tutto scomparse. Quando ancora esistono-resistono i fiori sono finti- di plastica- e la luce è quella di una lampadina elettrica) Nella pittura di Paolo Moretto quel mondo di devozione è fortemente contaminato da numeri tracciati col normografo, da lettere o intere frasi riprese non dai santini o dai libri di preghiere, ma dal mondo della pubblicità e dell’industria, eppure restano pur sempre belle.
Ed ecco, in seguito saltar fuori nuove immagini di paesaggi, con la natura e con gli animali, ma i profili delle ciminiere e la silhouette delle centrali atomiche non mancano quasi mai. Il tutto è visto con molta ironia, con molta distanza. Nè la natura, né le ciminiere, in fondo, sembrano essere così importanti (che per Paolo Moretto conti solo l’arte?)
C’è poi la serie di tutti quei quadri, in cui cerchi o losanghe coprono quasi tutta la superficie della tela e ciò che s’ intravede è come visto attraverso degli spalti: da degli spioncini, da
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delle fessure o da degli oblò di una nave. Qui sembra contare di più il gioco ritmico, dei colori e dei dettagli –il piacere della composizione- più che la cosa vista o intravista.
Molto interessanti quei momenti in cui la pittura sembra intenzionata a trasformarsi in scultura e la scultura in pittura (Metter il titolo di alcuni quadri e sculture) Il tutto è molto ibridato, a volte double-faced. Il metallo acquista colore, diventa colorato. Le sculture contengono anche dei quadri.
<< L’IMMAGINAZIONE è la regina di tutte le facoltà >> Charles Baudelaire
<< ...non si può pianificare una vita come si fa per un progetto industriale, ed anzi uno dei pericoli del nostro tempo è quella mercificazione dell’inutile alla quale sono sensibili particolarmente i giovanissimi. Ad ogni modo, io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi maggiori titoli di nobiltà. >>
Eugenio Montale, dal Discorso in occasione del conferimento del premio Nobel (1975)
Conclusione:
A Paolo Moretto, di certo, l’immagine-in-azione, non manca.
Parafrasando Montale: “ad ogni modo, siamo qui perché ci occupiamo d’arte, una cosa perfettamente inutile, ma quasi mai nociva e questo è uno dei suoi maggiori titoli di nobiltà”.