Biografia

Joshua Maurini nasce in un piccolo paese al confine Bulgaro in mezzo a tre grandi culture dell'est europeo: la Bulgaria, Macedonia e Serbia.
Padre Italiano madre Israeliana, passa prima l’infanzia in Italia, a Roma, e a metà degli anni ’80 torna con la famiglia prima in Bulgaria poi in Serbia da dove negli inizi degli anni ’90 quasi adolescente fugge dalla guerra civile che a quei tempi stravolgeva tutta la compagine Jugoslava.
Si rifugia in Austria ed è da subito affascinato dalle arti figurative soprattutto dall'influenza mittleeuropea dell'arte materica e “informale”, un termine con il quale si spiega una serie di sperimentazioni artistiche, accresciute in Europa, America e Giappone, e sostanzialmente espressa dal rifiuto di qualsiasi forma, figurativa o astratta, composta secondo canoni razionali, tradizionali, di culture precedenti.
Attingendo in parte da un’esperienza artistica maturata nella grande Salisburgo del tempo, e dagli ambienti urbani della Roma moderna in cui ritorna nella seconda metà degli anni ‘90, il tentativo artistico è quello di portare l’osservatore alla sua esperienza reale, contrassegnata dalla esperienza della guerra civile Jugoslava sì, ma anche della sua ricostruzione. Un risultato che stimola a scrutare oltre, per scorgere una luce sempre diversa luminosa e positiva, come quando il ritorno in quelle zone di guerra con il contingente militare IFOR per gli aiuti umanitari tra il ’95 e il ‘96, e partecipando attivamente alla demolizione degli edifici pericolanti della città di Sarajevo e Mostar, dei loro musei, dei ponti e dei monumenti, ma anche del tracciamento dei confini Bosniaci nel gruppo B.O.E. (Bonifica Ordigni Esplosivi) dell’Esercito Italiano, che sminando e facendo brillare ed esplodere mine, in realtà fondava la ripartenza per costruire crescita della fiducia e positività per la ricostruzione.
In questo tipo di opere di natura materica/polimaterica di tendenza surrealista-neodadaista, sembra quasi riecheggiare esplosioni prodotte per costruire e ricostruire, ma sono esplosioni di colori nel rifiuto delle forme tradizionali ormai demolite. Bagliori lucidi attraverso le nubi cupe di un presente complicato. Un invito all'ottimismo ed alla positività: un riscatto della materia.
Un impatto che tenta di esprime, nonostante la supremazia di elementi lineari e geometrici, una forte plasmabilità, e che tenta di proiettare la mente dell’osservatore oltre l’immagine dell’oggetto, o del soggetto stesso, e oltre il suo stesso pensiero. Tale tipo di espressione artistica tenta di riecheggiare nell’osservante logiche interpretative nel tentativo di riportarlo alle sue vecchie decisioni , distrazioni, conclusioni passate.
Normalmente si tratta di opere molto grandi, quasi giganti, che obbligano a grandi spazi visivi, e di distanza dall’opera stessa. Come se la distanza dell’osservare sia poi quella necessaria per pensare. Distanza e tempo. Il tempo necessario a riflettere. I colori spingono ad osservare con favore una emotività profonda e positiva, comunicando fiducia e speranza per l'umanità e il suo futuro, ma anche di angosce del passato, quel passato frutto di turbolenze da oltrepassare insieme a colui o colei che guarda, ignari spettatori di un quotidiano quasi latente.