“Sulmo mihi patria est. Viaggio nelle metamorfosi di Ovidio” di Nino Giammarco
Exhibitions, Italy, Roma, 11 January 2014
Nino Giammarco
“Sulmo mihi patria est. Viaggio nelle Metamorfosi di Ovidio”
Dal 12 dicembre all’11 gennaio 2014
Inaugurazione giovedì 12 dicembre ore 19.00
Giovedì 12 dicembre alle ore 19, negli spazi rinnovati della Ecos Gallery (Via Giulia, 81/A), Nino Giammarco esporrà una selezione dei suoi lavori in una mostra dal titolo “Sulmo mihi patria est”, dedicata alle Metamorfosi di Ovidio.
Giammarco, esponente di primo piano del panorama artistico nazionale sin dagli anni ’70, indaga il significato del mito attraverso la sapienza del dipinto, la maestria tecnica dell’opera musiva e il disegno su pergamena; originario di Sulmona, cittadina abruzzese che diede i natali anche a Ovidio, l’artista ha ripercorso i temi cari al grande letterato della classicità cercandone l’interpretazione autentica e, allo stesso tempo, una contestualizzazione nei fenomeni della contemporaneità attraverso il linguaggio dell’arte.
Dal Ratto di Europa all’Apollo e Dafne fino a giungere alla Caduta di Icaro, le tele intrecciano storie in un ritmo serrato mentre nella produzione musiva, che richiama le antiche composizioni romane per l’utilizzo della bicromia bianca e nera, l’incedere del lavoro scorre pazientemente.
“Gli elementi scultorei prodotti dall’artista – scrive nel testo critico in catalogo la critica d’arte Alessia Carlino – sono la somma di un compendio di storia dell’arte: il legno e il bronzo fuso a cera persa edificano i soggetti divini in un pathos senza eguali. Il Prometeo, intagliato nell’ulivo, possiede strette corrispondenze con i soggetti iconografici dediti a raccontare la passione di Cristo; il protagonista della tragedia di Eschilo appare legato ad un tronco in attesa della sua punizione divina, di quel rapace che ogni giorno squarcia le ventri e ne provoca un dolore estenuante”
“Nelle parole che chiudono il Trattato della Pittura di Cennino Cennini – aggiunge la Carlino – è custodita una verità inappellabile: il mestiere dell’arte è il prodotto di fatiche e sudore, nella sua essenza vi è la sostanza di forza e grazia, di potenza e decadenza, di splendore e cupezza.
Nino Giammarco è un artista che ha sondato ogni aspetto del mestiere; nei suoi gesti sapienti, nelle tracce del suo percorso espressivo è possibile incontrare quel monito che Cennini lasciava ai suoi lettori, una preghiera rivolta a santi cristiani in cui poter trovare i doni di “questo mondo” che permettano ad un artista di scoprire la ragione nell’intraprendere un sentiero tortuoso e colmo di ombre da sfidare.”
Ecos Gallery, via Giulia 81/A, 00186, Roma; tel. 06.68803886 – 349.8526319, www.ecosgallery.com
Ufficio Stampa: TEOREMA, 3922984600, info@teoremacultura.com
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“Pregando l’altissimo Iddio, Nostra Donna, Santo Giovanni, Santo Luca Evangelista e dipintore, Santo Eustachio, Santo Francesco, e Santo Antonio da Padova, ci donino grazia e fortezza di sostenere e comportare in pace i pondi e fatiche di questo mondo; e appresso di chi vedrà il detto libro, gli donino grazia di bene studiare, e ben ritenerlo, acciò che col lor sudore possano in pace vivere e loro famiglia mantenere in questo mondo per grazia, e finalmente nell’altro per gloria, per infinita secula seculorum. Amen”.
Nelle parole che chiudono il Trattato della Pittura di Cennino Cennini è custodita una verità inappellabile: il mestiere dell’arte è il prodotto di fatiche e sudore, nella sua essenza vi è la sostanza di forza e grazia, di potenza e decadenza, di splendore e cupezza.
Nino Giammarco è un artista che ha sondato ogni aspetto del mestiere; nei suoi gesti sapienti, nelle tracce del suo percorso espressivo è possibile incontrare quel monito che Cennini lasciava ai suoi lettori, una preghiera rivolta a santi cristiani in cui poter trovare i doni di “questo mondo” che permettano ad un artista di scoprire la ragione nell’intraprendere un sentiero tortuoso e colmo di ombre da sfidare.
La materia è in prima istanza il linguaggio che descrive le opere di Giammarco: il legno, il bronzo, le tessere musive, i pigmenti pittorici, sono la chiave per comprendere il vocabolario dell’artista. In questo alfabeto eterogeneo le molteplici sfaccettature della sua produzione ripercorrono antichi topos culturali, vi è quasi la sensazione di ritrovare le origini della pittura che non è più articolazione del mondo contemporaneo ma la testimonianza salvifica di un tempo che non conosce più la storia, mentre è già è parte integrante di essa.
Nino Giammarco percorre i miti ovidiani delle Metamorfosi dove vi è la consapevole volontà di ridonare vita ad immagini letterarie in cui la sapiente scelta di utilizzare differenti strumenti espressivi riflette l’esigenza di un racconto corale, dove il singolo episodio rappresenta un tassello narrativo indispensabile per poter leggere ed interpretare il personale approccio dell’artista che celebra, attraverso la sua firma stilistica, il passaggio sulla Terra di dei e divinità.
Nelle cromie sature dei dipinti Giammarco staglia, in una fitta vegetazione che possiede un vago sapore nord europeo, differenti aneddoti ovidiani: dal Ratto di Europa all’Apollo e Dafne fino a giungere alla Caduta di Icaro, le storie si intrecciano in un ritmo serrato, la composizione non lascia spazio, in una sorta di horror vacui delineato da figure imponenti e monumentali.
La produzione musiva richiama, invece, le antiche composizioni romane. I tasselli meticolosamente disposti concepiscono, ancora una volta, le scene mitologiche ripercorrendo lo stile adrianeo del II secolo a.c. dove l’utilizzo di una bicromia bianca e nera evidenzia le figure in una minuziosa e paziente combinazione che lenta viene costruita in lunghe giornate di lavoro.
Gli elementi scultorei prodotti dall’artista sono la somma di un compendio di storia dell’arte: il legno e il bronzo fuso a cera persa edificano i soggetti divini in un pathos senza eguali. Il Prometeo, intagliato nell’ulivo, possiede strette corrispondenze con i soggetti iconografici dediti a raccontare la passione di Cristo; il protagonista della tragedia di Eschilo appare legato ad un tronco in attesa della sua punizione divina, di quel rapace che ogni giorno squarcia le ventri e ne provoca un dolore estenuante.
Il segno grafico, il tratto ad inchiostro, è l’ennesimo strumento veicolare che Giammarco utilizza per diffondere il suo linguaggio visivo. Le tracce di china impresse rappresentano una sorta di scrittura automatica, la perfetta volontà dell’artista che con l’inchiostro dona un’espressività inedita alle immagini, costruisce visioni di una classicità terrena in cui è possibile intravedere il senso della tragedia, quell’hic et nunc che agisce nel destino crudele del mito.

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