Con quel funesto brillare smeraldo, accompagnato dai commenti audio originali di Al Jazeera e della CNN, si apre l'opera video Sainte Chapelle, di Federico Cozzucoli. Nel video, a Baghdad si avvicenda New York, a New York ancora l'Iraq e poi l'Afghanistan, ancora guerra, ancora la potenza dei media, l'impiccagione di Saddam Hussein, l'annuncio della morte di Osama Bin Laden, i discorsi alla nazione dallo Studio ovale. La vita e la morte che si confondono con un videogame. In primo piano, la Terra gira veloce, senza sosta, senza senso. È una sfera impazzita, colorata dalle visioni quasi psichedeliche elaborate da Cozzucoli attraverso l'utilizzo di differenti tecniche; visioni le quali, progressivamente, inaspettatamente, si compongono in forma di vetrata gotica. Tra le tessere virtuali della vetrata, i moduli astratti, talvolta optical, si alternano alle figurazioni, con ulteriori riferimenti politici e sociali - da Silvio Berlusconi ai pontefici della Chiesa cattolica - ma anche citazioni dalla storia dell'arte, primo tra tutti Vincent Van Gogh e il suo Autoritratto con orecchio bendato e pipa (1889). Il video e la vetrata digitale esistono autonomamente l'uno dall'altra; insieme concorrono a costituire un progetto artistico unitario e originale - alla vetrata si connette la suggestione del titolo Sainte Chapelle -, concepito a partire proprio dai fatti dell'undici settembre.
Molti e illustri si sono misurati, nel corso degli ultimi dodici anni, con la voragine provocata nella sensibilità occidentale dal crollo delle Torri gemelle. Già nel 2002, undici registi di altrettanti paesi, che hanno diretto undici cortometraggi, ciascuno della durata simbolica di undici minuti, nove secondi e un fotogramma, confluiti nel film 11'09"01 September 11, ideato e prodotto da Alain Brigand. In ambito musicale Bruce Springsteen, con The Rising (2002). In letteratura Don DeLillo, il cui romanzo Falling man (2007) presuppone la fotografia celeberrima di un uomo che precipita dalla Torre nord, scattata da Richard Drew alle 09:41:15: un momento e un'immagine, quantunque un'immagine documentaria, di forza drammatica tale da ridiscutere le prerogative dell'espressione propriamente artistica al cospetto della catastrofe. Sono certo assai significative l'installazione di Hans-Peter Feldmann 9/12 (2001) o la tela di Gerhard Richter September (2005); pur tuttavia, come è stato sottolineato nell'occasione della mostra September 11, curata al MoMA PS1 da Peter Eleey, per il decennale, i fatti dell'undici settembre rimangono sottorappresentati nel contesto dell'arte contemporanea, probabilmente a causa dell'impatto tremendamente estetico dell'avvenimento di per sé stesso.
Il progetto di Cozzucoli parte dai fatti dell'undici settembre per chiamarci a riflettere sugli equilibri del nostro pianeta, fragili, o di nuovo drammaticamente precari in questi mesi di tensione internazionale, epicentro la Siria. Interrogandosi, e interrogandoci, sulle dinamiche della spettacolarizzazione esaltata dai media - si pensi in tal senso anche al controverso Flipbook 9/11 (2005) di Scott Blake - Cozzucoli accetta la sfida imposta da Ground Zero: non immagina un'opera compiuta, definita, ma - con Umberto Eco - un'opera aperta, che venga modificata, alterata, contaminata da interventi esterni. Nell'universale cappella laica del world wide web, tutte le riflessioni possono essere accolte, tutti i contributi, le intelligenze, i talenti. Si tratta di un progetto che partecipa di esperienze provenienti dall'arte digitale, dalla net art, dalle pratiche relazionali e dal concetto di postproduzione. Infatti, corrisponde alla definizione formulata da Nicolas Bourriaud di opera d'arte come «interstizio» ovvero «spazio delle relazioni umane che, pur inserendosi più o meno armoniosamente e apertamente nel sistema globale, suggerisce altre possibilità di scambio rispetto a quelle in vigore nel sistema stesso» (Nicolas Bourriaud, Estetica relazionale, traduzione italiana dal francese di Marco Enrico Giacomelli, Milano, Postmediabooks, 2010). Con Sainte Chapelle, Cozzucoli recupera la dimensione sociale della cultura e al contempo affronta alcuni nodi cruciali, relativi all'autorialità e alla fruizione dell'arte. Alla frammentazione dell'identità e all'incerta soggettività dell'esistere attuale, risponde con la ricerca del dialogo e dell'incontro. Dopo le modifiche, le alterazioni e le contaminazioni che deriveranno dagli interventi di quanti vorranno farsi protagonisti del workshop online, nascerà un'opera nuova, in continua evoluzione, collettiva, partecipata e del tutto imprevedibile, nel modo in cui imprevedibili devono essere i risultati del dialogo e dell'incontro, di persone e idee.
Comments 2
Say something