SESTO SENSO - NUDARE SOLENT 4
Exhibitions, Italy, Bari, Mola di Bari, 13 April 2009
SESTO SENSO NUDARE SOLENT 4
a cura di
Vincenzo Girolamo e Rosanna Pucciarelli

Dal 27 marzo all’11 aprile 2009


SALA STIFANO
Palazzo Ateneo – Piazza Umberto I Bari



Introducono:
Corrado Petrocelli
Rettore Università degli Studi di Bari
Michele Mirabella
Presidente del Consiglio di Amministrazione
Accademia di Belle Arti di Bari

Intervengono:
Marco Sportelli
Presidente del Consiglio della Provincia di Ba
Nicola Pace
Assessore della Provincia di Bari
Vincenzo Girolamo
Rosa Anna Pucciarelli
Cattedra di Anatomia 1
Cattedra di Illustrazione Scientifica
Accademia di Belle Arti di Bari


Organizzazione di Grazia Donatelli
Progettazione grafica di Angelo Perrini, Raffaella Del Giudice
Allestimento di Massimo Giuliano


Artisti:

Angelo Perrini
Grazia Donatelli
Raffaella Del Giudice
Massimo Giuliano
Angela Panaro
Michele Volpicella
Tiziana Muolo
Riccardo De feo
Cinzia Rubino
Davide Gigante
Antonio Minuto
Lorenza Genco
Michele Volp
Licio Boccadoro
Roberto Sibilano
Deepak Pasquale Floro
Stefania Romano
Teresa Giannico
Stefano Pomponio
Antonio Spagnoletta
Letizia Rousin
Marco Testini

Il castigo di Atteone
di Michele Mirabella
Il mitico Atteone fu divorato dai suoi cani dopo essere stato trasformato in cervo dalla ritrosa dea Diana che lui aveva testé «spiato» mentre, ignuda, si bagnava alla fonte con le sue allegre amiche. La sequenza è amatissima da grandi del Rinascimento così come da Tiziano e Rembrandt. La reticenza della Dea a mostrarsi, a squadernare il suo corpo innesca la trasgressione affidata al mitologema dalla fame di verità dell'uomo narratore, del faber artista. E' interminabile la sequela di corpi nudi, ovviamente nudi, che affascinano, sgomentano, testimoniano nella vicenda dell'arte. L'elenco è sterminato ma segnaliamo Venere, Susanna, Betsabea, la cortigiana Frine, l'innominata moglie di Putifarre che sedusse l'ignaro Giuseppe, divinità generose e eroine maliziose, modelle dell'eterno rappresentare. Nudi classici, nudi espliciti. Come la Maya e la schiera infinita di popolane, aristocratiche, ninfe, contadine, amanti fuggitive e pastorelle, borghesucce libertine e artiste scollacciate, ignare Godive e bagnanti sorprese. Nudi anonimi del contemporaneo. Il nudo come arma di seduzione di massa. Come metafora della conoscenza il rappresentare il corpo è deliberato tentativo di conoscenza condivisa, di esproprio del mistero di sollecito all'indagine instancabile, prototipo gnoseologico. Il corpo è un territorio, un paesaggio, interiore ed esteriore. Scena, corollario, ambiente, mistero da disvelare e istigazione alla curiosità da condividere con lo scienziato. Ma la novità è moderna. La novità assoluta di questo inizio di XXI secolo è che ci ritroviamo a dover gestire un corpo divenuto un nostro prodotto, così come a dover gestire una durata di vita del tutto straordinaria. Per il servo del Medioevo, come per il cortigiano di Versailles o di Sans-Souci, per il finanziere o il soldato di banca e trincea, per il mercante, il contadino, l'artigiano, il gaudente intellettuale, siamo diventati altri. Uomini, non siamo più gli uomini che loro sono stati. Probabilmente i nostri avi ci sono estranei quanto gli esseri di un altro mondo. E anche le nostre nonne divoratrici di rosari, le loro nonne distrutte dalle gravidanze, dai lavori di casa e dalla cura del mondo, assoggettate a tutti gli obblighi del credere e dell’apparire, sono per le nostre madri e le nostre mogli tanto estranee quanto le donne che ornano le pareti delle grotte preistoriche. Ci separa un mondo, che non è fatto di storia ma di corpo e, al tempo stesso, di scienza e di religione del corpo. Il loro corpo di miseria e sofferenza è diventato il nostro corpo della performance, del piacere e dell’iniziazione senza fine a tutte le gioie della vita.
E questo corpo, il suo ritmo e la sua durata di vita, sta per sconvolgere il nostro rapporto con il denaro, il patrimonio così come ha già sconvolto le nostre relazioni nel lavoro, come ha già trasformato e continua a trasformare la nostra identità, la nostra diversità. Dopo gli dei, le rivoluzioni e i mercati finanziari, il corpo diventa il criterio di verità. Solo il corpo dura, solo il corpo permane. Riponiamo in lui tutte le nostre speranze e da esso ci aspettiamo una realtà che altrimenti ci sfugge. Il corpo è diventato il centro di tutti i poteri, l’oggetto di tutte le nostre aspettative, e perfino quelle di salvezza. Noi siamo questi esseri strani, questi sconosciuti, gli uomini del corpo. Non lasceremo che i cani della cecità ottusa divorino altri Atteoni. Diana se ne faccia una ragione. Se proprio ci tiene, può rivestirsi.



Le incursioni figurative di Raffaella Del Giudice coniugano necessità e desiderio, verità e fantasia, in un percorso espressivo che affida al segno pittorico un immaginario fertile e generoso in fuga dal reale.
Un immaginario che pone al centro delle sue visioni la figura femminile, in questo caso con le sembianze di un essere luciferino. Un corpo incerto tra animalità e umanità, tra male e bene, tra amore e violenza, che si scompone e ricompone, si frammenta e si ricongiunge(anche visivamente sui sei pannelli pittorici) incerto sulla propria identità. Difatti, se le grandi ali sono sinonimo di libertà, l'invisibilità del volto castra ogni possibilità di soggettività. Alla imponente figura di donna (donna/oggetto?) non resta che affidarsi allo sguardo dello spettatore/spettatrice.
Maria Vinella

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