La bella pittura di Ninni Sacco
Sarebbero piaciuti e molto a Francesco Arcangeli il critico e storico dell’arte bolognese teorico degli “Ultimi Naturalisti” le opere di Ninni Sacco (Palermo, 1943), esposte nelle sale di Palazzo Sant’Elia a Palermo. In questi lavori – circa cinquanta - che coprono l’attività degli ultimi venti anni di questo (purtroppo) non molto conosciuto artista, la natura è il soggetto quasi esclusivo. Si tratta di opere di formato grande, medio, piccolo e piccolissimo. Si va da un lavoro di cm.11x16 ad uno di cm.160x120, tutti e sottolineo tutti di qualità straordinaria con buona pace di chi disprezza o critica gli artisti che si esprimono sui piccoli formati. Sono tutti acrilici e oli su tavola datati dal 1990 al 2012. In queste tavole la fa da padrone il paesaggio con un movimento continuo ed evocativo di terre, orizzonti, nuvole, monti, nebbie e viste sul mare e sull’anima -la sua- dell’artista, che riesce a trasfondere in chi le guarda il fremito dell’emozione attraverso l’uso di colpi di luce che d’improvviso squarciano la visione come lame scintillanti. E’ un florilegio di colori che va dagli ocra ai verdi, dagli azzurri ai grigi, dai neri più profondi ai blu più intensi e da questi ai rossi più squillanti ed ai bianchi più luminosi.
Certamente il suo lavoro è da ascrivere alla temperie del movimento Informale in cui la sua creatività si sostanzia.
E’ del tutto evidente in queste opere la ricerca di un bilanciamento, di un equilibrio sia formale che interiore. La materia è plasmata, accarezzata ed anche offesa con graffi, spatolate e pennellate dense di umori, ansiose di trasmettere l’emozione provata dal suo creatore. Hanno quasi sempre una struttura al loro interno organizzata in dittici o polittici posti in verticale o in orizzontale, formata da tavole che sono sempre uguali in altezza ma che spesso differiscono in larghezza e si distanziano le une dalle altre attraverso l’uso di sottili listelli di legno. Dalla materia affiorano incise delle quadrettature che richiamano l’uso dello spolvero di antichi affreschi, geometria questa che Sacco accosta all’uso della macchia improvvisa, del guizzo o del grumo di colore che ricorda una nuvola, un mare, un dirupo o parti anatomiche. Il legame con la grande pittura del passato c’è e l’artista non ne fa mistero, c’è certamente nel movimento e nella concitazione delle masse di colore che fanno pensare ai Manieristi e a Rosso Fiorentino in particolare come sottolinea in catalogo Francesco Gallo Mazzeo. Guardando lavori come Senza titolo 1992/97, Composizione nr.72 del 1998/99 o ancora Senza Titolo sempre del 1998/99 azzarderei anche il nome di Caravaggio e questo a tutto vantaggio dell’artista. Tali opere sembrano evocare particolari ingranditi del Merisi, nella tensione espressiva delle forme e nell’uso della luce modulata in tal senso si può definire quella di Ninni Sacco una pittura aurorale, in quanto nelle sue opere si percepisce l’attesa della luce che sta per irrompere sulla scena dipinta, ed è in quest’attesa che è al tempo stesso mistero ed emozione che la pittura diviene bella, nonostante tutto, come appunto il maestro Piero Guccione scrive nella breve presentazione in catalogo.
Sebastiano Parasiliti
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