Skyhunter
Vivo in un luogo in cui l’orizzonte è un piano che si irraggia in tutte le direzioni; nelle giornate di foschia estiva o di nebbia invernale, sembra correre all’infinito nello spazio, senza confini. In tale pianura metafisica, senza tregua, non resta che alzare lo sguardo e interrogare il cielo. Nei repentini cambiamenti, nelle infinite variazioni cromatiche, mi sorprendo a cercare una traccia di umanità, una presenza, un possibile incontro.
Guardo il cielo come l’aruspice interroga le viscere.
“Questa è la differenza tra noi e gli Etruschi… noi pensiamo che i fulmini si producano in seguito all’urto delle nubi; essi ritengono che le nubi si scontrino perché si possano produrre dei fulmini e infatti, poiché attribuiscono tutto alla divinità, sono convinti che le cose hanno un significato non perché avvengono, ma che esse avvengono in quanto portatrici di significati”.
(Seneca)
Sky Hunter, utilizzando il telaio circolare come improbabile strumento di lettura del futuro, rimanda all’immaginario femminile della Fortuna, ed in particolare ad una femminilità antica, declinata nella vita domestica, da un lato, e nella divinazione delle Sibille, dall’altro.
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